L'Angolo del Presidente

La fine dell'esilio?
La sfida del nucleare per la ricerca scientifica italiana

(Articolo pubblicato sul quotidiano "Il Giornale" del 31 Maggio 2008)

L'Italia sembra davvero essere il Paese delle polemiche. Una caratteristica che spesso anche i nostri vicini europei ci fanno notare con una certa ironia. E non si può certo negare che abbiamo torto. Talvolta però questa peculiarità italiana può rivelarsi utile per rilanciare il dibattito su temi delicati su cui magari gravano vecchie preclusioni ideologiche. Questo sembra essere il caso della questione relativa al "ritorno del nucleare" in Italia. La proposta politica di rilanciarne l'utilizzo per abbattere gli ormai insostenibili costi energetici, ha fortunatamente suscitato delle vive reazioni che dovrebbero innanzitutto interpellare la comunità scientifica chiamata a fare chiarezza su un problema che tocca il rapporto tra scienza e società civile. Gli scienziati hanno adesso l'occasione per intervenire nella discussione eliminando stereotipi e paure e contribuendo così a creare un'opinione pubblica più informata e consapevole sui rischi e le possibilità offerte dall'utilizzo civile dell'energia nucleare. In tal senso sarebbe anche opportuno fare luce su una delle più drammatiche perdite che l'Italia ha dovuto subire dopo il famoso referendum abrogativo del 1987. E cioè la sorte di tanti validi ricercatori italiani che, formatisi alla scuola di illustri maestri tra i quali si annoveravano nomi del calibro di Fermi, Amaldi, Ferretti, Silvestri, si scoprirono da un giorno all'altro quasi dei "fuori legge" costretti a continuare le loro ricerche nel segreto o addirittura nelle aule di istituti e università straniere ben felici di accoglierli. Questa "fuga di cervelli" non si è da allora interrotta e ancora oggi intraprendenti e coraggiosi studenti e ricercatori italiani sono costretti ad abbandonare il proprio Paese chiedendo asilo (peraltro non sempre dorato) a quelle realtà, prime tra tutte la Francia, interessate a sviluppare la ricerca sull'atomo. Se è dunque vero che l'Italia deve a questo punto recuperare il gap tecnologico e scientifico sul nucleare, è anche vero che una nuova generazione di scienziati italiani si sta specializzando all'estero con risultati lusinghieri e non è improbabile attendersi che almeno una parte di essi si dimostri pronta a porre fine al proprio esilio scientifico. Chi discute della possibilità di reintrodurre il nucleare in Italia deve tenerne conto. Questo potrebbe in fondo essere il primo segno positivo di un Paese che ha ormai compreso che la propria ricchezza e la propria crescita passa innanzitutto dal sostegno e dalla valorizzazione delle competenze scientifiche.
Parigi, 24 Maggio 2008
                                                                             Christian Grasso

 

           Quando la cultura fa paura

            Note sulla Fiera del Libro

Confesso il grande piacere che ho avuto nello scoprire la bellezza della letteratura israeliana. Il "Salon du Livre", che si è tenuto a Parigi nel marzo scorso, mi ha dato l'occasione di un incontro con testi e autori a me fino allora sconosciuti. La scelta francese di fare di Israele l'ospite d'onore di questa manifestazione interamente dedicata a mondo del libro ha certamente rappresentato un'occasione per dar voce a chi vive dall'interno speranze e contraddizioni che da sempre accompagnano la storia di questo Paese. Parteciparci era anche un modo per non lasciarsi coinvolgere da tutte quelle polemiche e quelle contestazioni che avevano preceduto l'apertura della manifestazione. Perplesso di fronte ai richiami di alcuni al boicottaggio, ritenevo necessario fare un passo in direzione dell'Altro, al fine di conoscere meglio e magari di capire. Ed è ciò che effettivamente è stato offerto dal "Salon du Livre".
Non si può perciò che essere dispiaciuti di fronte alle polemiche e ai gesti violenti che adesso accompagnano l'apertura della Fiera del Libro di Torino.
Farne una vetrina per recriminazioni è davvero avvilente. Ogni opinione è legittima ed esprimere il proprio disaccordo con la politica di un determinato governo lo è ancor di più. Ma prima di alzare la voce e emanare sentenze e condanne, sarebbe forse meglio accostarsi a quel mondo, ascoltarne le voci e magari scoprire che non sono poi così discordanti e lontane dalle "nostre". Ciò vale ancor di più se tale incontro è arricchito dalla possibilità di accostarsi ad una produzione letteraria davvero affascinante ed editorialmente vivace. Occorre allora andare oltre il frastuono delle polemiche ed uscire dalla facile tranquillità di chi preferisce rintanarsi nel suo mondo di certezze. Chi crede nella possibilità e nell'utilità del "dialogo tra le culture" non può che lasciarsi conquistare da tutte le occasioni di incontro che sono offerte per superare le barriere dell'odio e delle violenza frutto, molto spesso, di pura e semplice ignoranza.
Parigi, 2 Maggio 2008

Christian Grasso

Perchè spegnerla?

In margine a una paradossale polemica

 (Article paru dans le quotidien "Avvenire" 11 Avril,www.avvenire.it)

     E alla fine, o meglio all’inizio se si considera il cammino che ancora deve fare, è arrivata anche a Parigi. Immancabilmente accompagnata da polemiche e da cortei di manifestanti nonché da stuoli  di giornalisti e poliziotti. La fiaccola olimpica, che una volta giunta a Pechino darà inizio ai Giochi Olimpici, ha incredibilmente attirato l’attenzione dei mass-media. Per una volta però non si è trattato di una riuscita campagna pubblicitaria orchestrata dalle vituperate multinazionali interessate al business delle Olimpiadi, bensì di una discussione su temi delicati, primo fra tutti il rispetto dei diritti umani. E sì perchè la Cina ha accettato la scommessa di ospitare un evento di risonanza mondiale per mostrare la propria prodigiosa crescita economica forse nel tentativo di oscurare le contraddizioni di un sistema politico in cui anche i più elementari diritti sono messi in discussione. Scommessa troppo rischiosa? All’apparenza sembra proprio di sì. L’attenzione della comunità internazionale si è di fatto focalizzata sulla Cina fino a costringere il governo di Pechino a confrontarsi con tutte le contraddizioni che ancora lo caratterizzano. In questo senso l’evento mediatico e sportivo ha soltanto fornito l’occasione di un dibattito che l’eroica intraprendenza dei monaci e del popolo tibetato ha solo con largo anticipo contribuito a rilanciare. Ma cosa fare adesso? Basta la proclamata solidarietà alla causa tibetana o a quella altrettanto importante dei dissidenti politici cinesi e dei membri delle diverse confessioni religiose sottoposti ad un controllo asfissiante e a violente rappresaglie? E che senso ha chiedere il boicottaggio dei Giochi Olimpici o addirittura tentare di spegnerne il simbolo più rappresentativo? Viene infatti da chiedersi il motivo di tali, paradossali richieste. Se oggi i tibetani o i perseguitati politici possono in Cina, anche grazie alla “globalizzazione dell’informazione”, rivendicare i propri diritti godendo della ribalta internazionale è proprio perchè lì si terranno i Giochi Olimpici. Se la fiaccola olimpica – che già preannunciò la fine di quel regime nazista che nell’idearne per primo la cerimonia quasi preannunciò il proprio drammatico crollo – ha un significato è proprio quello di essere simbolo di quel rispetto della persona e dei suoi inalienabili diritti che chi vorrebbe spegnerla pensa invece di difendere. Chi ha davvero a cuore questi problemi dovrebbe invece augurarsi che quella fiaccola giunga infine a Pechino anche come simbolo della vicinanza con chi all’interno della Cina si batte contro un regime autoritario che ha tentato finora di imbrigliare tutti i “dissidenti”. Dall’antica Grecia, primo laboratorio storico della democrazia e patria dei Giochi Olimpici, la fiaccola dello sport potrà così davvero accendere una nuova fiamma, quella della libertà.

Parigi, 7 Aprile 2008

                                                                       Christian Grasso